Chi ha investito ha potuto beneficiare della forte ripresa dei principali mercati azionari
In un contesto di elevata inflazione e di alti tassi di interesse, alcune famiglie hanno indirizzato i risparmi verso strumenti più remunerativi
I mercati finanziari incrementano, ancora di più, il divario tra ricchi e poveri in Puglia. È quanto emerge dal nuovo studio condotto da Davide Stasi ed Andrea Salvati dell’Osservatorio Economico Aforisma. In particolare, chi ha investito in prodotti ad alto rendimento offerti da banche ed assicurazioni ha potuto beneficiare della forte ripresa dei principali mercati azionari internazionali, dopo il leggero ribasso dell’anno precedente dovuto alle tensioni geopolitiche (prima il conflitto tra Russia e Ucraina, poi quello in Medio Oriente). Inoltre, lo stop al rialzo dei tassi delle principali banche centrali, tra cui la Bce, ha favorito soprattutto Piazza Affari, con il FTSE Mib che ha chiuso il 2023 oltre i 30mila punti, valore che non vedeva dal lontano 2008 (quando fallì la «Lehman Brothers»).
La conferma della tesi sostenuta arriva dall’andamento della raccolta degli istituti bancari e degli intermediari. In Puglia, i titoli a custodia (fair value) che, volendo semplificare, rappresentano gli investimenti dei pugliesi sono passati dai 18 miliardi di euro di fine 2022 ai 24,7 miliardi di euro di fine 2023. L’incremento è stato di ben 6,7 miliardi di euro in un anno, pari al 36,8 per cento in più. A Bari e provincia, gli investimenti finanziari sono saliti da 6,6 miliardi di euro a 9,1; a Barletta-Andria-Trani da 2,1 miliardi di euro a 2,9; a Brindisi e provincia da 1,3 miliardi di euro a 1,7; a Foggia e provincia da 2,5 miliardi di euro a 3,3; a Lecce e provincia da 3,3 miliardi di euro a 4,6; a Taranto e provincia da 2.3 miliardi di euro a 3,1.
Una crescita tendenziale davvero sorprendente se non si tenesse conto della correlata variazione positiva del 28,03 per cento del FTSE Mib (il valore dell’indice è passato dai 23.707 punti di inizio 2023 ai 30.352 punti della chiusura di venerdì 29 dicembre 2023). Anche i principali indici internazionali hanno registrato performance decisamente positive. In particolare, Wall Street è ritornata sui massimi storici, spinta anche dal rimbalzo dei titoli del settore tecnologico.
Parallelamente, nel 2023 la raccolta bancaria diretta, costituita da depositi di famiglie e imprese, ha registrato una contrazione dello 0,8 per cento, alleggerendo il conto corrente dei pugliesi. L’andamento negativo dei risparmi è riconducibile alla riallocazione della liquidità da parte di famiglie e imprese a favore di strumenti più remunerativi come i depositi a risparmio e, soprattutto, i titoli detenuti a custodia presso le banche. Gli incrementi hanno riguardato tutte le tipologie di titoli e in particolare quelli obbligazionari.
In un contesto di elevata inflazione e di alti tassi di interesse, alcune famiglie hanno indirizzato i risparmi verso strumenti più remunerativi. L’aumento del valore di mercato dei titoli a custodia delle famiglie pugliesi è stato sostenuto sia dall’afflusso di risorse verso nuove emissioni, sia dall’aumento delle quotazioni. I valori delle azioni e dei fondi comuni sono aumentati grazie all’incremento dei prezzi, mentre i titoli di Stato e delle obbligazioni bancarie e societarie, soprattutto quelli di nuova emissione, hanno riconosciuto tassi di interesse ben più alti del passato, spingendo le famiglie ad acquistare sia a breve che a medio-lungo termine.
Con l’impennata dell’inflazione, però, i pugliesi hanno deciso di investire i propri soldi in strumenti finanziari più remunerativi, seppur più rischiosi, rispetto ai conti correnti, al fine di proteggersi dal caro vita. Così, mentre i tassi attivi sui conti correnti restavano e restano tuttora al di sotto dell’uno per cento, è cresciuta la raccolta indiretta delle banche che rappresenta l’attività di investimento e di distribuzione di azioni, fondi comuni, titoli di stato, polizze assicurative, fondi pensione, eccetera.
Già un anno fa l’Osservatorio Economico Aforisma aveva rilevato che l’atteggiamento delle famiglie era cambiato. Un tempo si investiva poco, non tanto per mancanza di liquidità, quanto per non mettere a rischio i propri risparmi. Si guardava con maggiore apprensione alle oscillazioni del mercato e degli indici borsistici, temendo la perdita di valore degli strumenti finanziari, a causa dei rendimenti talvolta negativi o semplicemente insufficienti a coprire almeno le relative commissioni di collocamento, amministrazione e gestione. Questo approccio eccessivamente prudenziale verso i mercati, se portato avanti ancora oggi, si tradurrebbe non solo in potenziali perdite di profitto, ma soprattutto in forti perdite del proprio potere d’acquisto, oltre a non contribuire alla crescita del Paese e del suo sistema produttivo, in quanto le imprese si finanziano grazie ai mercati finanziari.
Durante la pandemia, la maggiore liquidità sui conti correnti è stata anche una conseguenza delle misure espansive e i conseguenti bonus a pioggia al fine di contenere gli effetti del nuovo coronavirus sull’economia e sulla finanza. La raccolta bancaria diretta non poteva che andare avanti a gonfie vele, tra lockdown, effetti diretti delle misure di sostegno alla liquidità introdotte a tutela di famiglie e imprese (decreto Cura Italia e successivi), oltre alle moratorie dei crediti e ai piani dilazionati di ammortamento favoriti dall’Associazione bancaria italiana.